I miei genitori stanno invecchiando. Li vedo lontani sulla
strada, camminano veloce. Gli urlo di fermarsi, “’ndo cazzo andate? Aspettate
un attimo. State quieti” ma loro si voltano e mi guardano, mi fissano, nessuna
parola. Io allora mi ricordo del volume alto della tv. Della montagna di
occhiali che si ammassano in casa. Della stufa sempre accesa anche nei giorni
di primavera. Le risate smodate e le citazioni di personaggi televisivi degli
anni ’70. Mia madre si incontra perché i suoi figli non conoscono le canzoni
degli alpini della grande guerra. Come se lei avesse mai fatto parte degli
alpini, o abbia mai avuto una tensione patriottica qualsiasi. Questo le
risponde mio padre a nostra discolpa. Era una cena, quella sera, pochi giorni
fa. Quella dopo la festa in cui ho bevuto un po’ troppo. Sto invecchiando pure
io. Quella sera ero a pezzi, mi trascinavo dei rimasugli di alcol nel sangue.
Il giorno dopo una bevuta è ormai sempre peggio, la stanchezza dopo una
giornata lunga si fa sentire. Non posso più andare a dormire alle 4 e
svegliarmi alle 8 come un fiore, se mai ne sono stato in grado.
Continuo a studiare mentre i miei amici pian piano si
laureano e si trovano un impiego. Alcuni già lavorano da anni. Lo studio
comincia a pesare, a farsi incomprensibile, la memoria è sempre più fiacca. Qualcuno
dice che è come un muscolo ma in realtà invecchia molto più in fretta. Eppure
mi ricordo tutti i nomi dei personaggi dei cartoni che guardavo alle
elementari, mi ricordo ancora le canzoni dei classici Disney.
Sono stanco. Forse sarebbe il caso di sedersi un attimo. No
non posso i miei continuano a guardarmi da laggiù in fondo e io sono ancora
fermo, devo decidermi. Ma dove siamo? Qui come cazzo ci sono arrivato. “ma dove
siamo?” gli urlo. Nessuna risposta. Simpatici come al solito penso.
È come se in tutti questi anni di vita io non mi fossi mosso
da dove sono. Aspettando qualcosa che forse non arriverà mai, la mia vita è
rimasta immutata, immobile. Ma ad un certo punto bisogna camminare e dicono che
questo bisogno solitamente nasca da una brutta sensazione, un presagio, un
segno nefasto. “Forse era quello del 2012 il presagio di cui parlavano” penso
“o quello alla fine del 2012” sono quasi sicuro di aver trovato il mio segno ma
poi “ah no ma sicuramente si riferivano al 2013”. Ma poi chi è che l'ha detta
sta storia del presagio? Non me lo ricordo. È la memoria, è sempre colpa della
dannata memoria di melma che mi ritrovo.
E intanto che questa grande masturbazione mentale si
manifesta loro mi stanno ancora guardando in fondo alla strada. Mio padre con
le mani nelle tasche dei pantaloni e mia madre collo sguardo indispettito ed
impaziente. Non me ne hai mai fatta passare una, penso. Perché questa volta
dovrebbe essere diverso?
Titubante mi avvio, l’aria è gelida ma ho deciso. Vado con
loro. In fondo cosa potrebbe succedere?
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