Ciao a tutti, mi chiamo Matteo e sono uno studente
universitario. Da sempre appassionato di cinema – un po’ meno di telefilm – ho
deciso di prendere parte al progetto del Blog, inizialmente gestito dal mio
amico e compaesano Francesco. Non credo che qualsiasi lungometraggio meriti una
recensione, perciò mi occuperò soltanto di quei film che, nel bene o nel male,
cattureranno la mia attenzione o il mio disgusto. Cercherò di essere sempre il
meno noioso e prolisso possibile, perché so bene che leggere deve essere un
momento di svago, non un peso.
Ad un’analisi inizialmente più tecnica e stilistica
aggiungerò qua e là le mie riflessioni e ciò che mi colpirà maggiormente.
Commenti e critiche sono SEMPRE ben accetti, quindi non
abbiate paura ed esponetevi, posso solo imparare.
Dopo avere assaporato uno spaccato dell’universo Marvel
(X men Days of future past), lasciamo momentaneamente da parte il mondo del
cinema in carne ed ossa e immergiamoci nel mondo dell’Animazione (lettera non a
caso maiuscola).
Il maestro Hayao Miyazaki
torna sul grande schermo con una pellicola ispirata ala vita di Jiro Horikoshi,
ingegnere aeronautico progettista di velivoli destinati a giocare un ruolo
fondamentale nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Siamo di fronte a qualcosa
di nuovo. Miyazaki sceglie, questa volta, di abbandonare gli universi variegati
e mozzafiato con i quali ci aveva abituato: basti pensare a capolavori come “La
principessa Mononoke”, “Laputa”, “La città incantata (mi commuovo solo a pensarci)”,
“Il Castello errante di Howl”.
Jiro è un ragazzino,
sognatore incallito. Non può fare a meno di perdersi in ogni sfumatura della
vita. Crescendo coltiva il suo desiderio di creare aeroplani, frequentando
l’università e dedicandosi completamente allo studio. Di raro talento, viene
subito notato dalla Mitsubishi. Nel corso della vicenda il giovane si troverà a
viaggiare e studiare i gli aeroplani tedeschi, per emularne la perfezione
ingegneristica e permettere al Giappone di rimanere al passo con il progresso
tecnologico. Jiro inconterà poi l’amore, Nahoko Satomi, affetta da tubercolosi.
Poiché luoghi e situazioni
appartengono al reale, l’attenzione è focalizzata maggiormente sull’individuo e
sulle sue capacità. Difatti Jiro è dotato di un’immaginazione incontrollabile e
di un talento fuori dal comune. Miyazaki, con la sua ossessione maniacale per
la perfezione stilistica e psicologica, ne fa emergere gli aspetti più
controversi. Il protagonista ha spesso discussioni immaginarie con il conte
Caproni, ingegnere italiano, che diventa la sua guida spirituale. Chiaro ed
evidente è il conflitto tra l’amore per la creazione (aeroplani in questo caso)
e il risultato della distruzione. Anche se conscio che i suoi lavori servono a
portare avanti la guerra, sceglie di dare sfogo a tutto il suo genio, perché
convinto che prima o poi i suoi aeroplani potranno liberarsi del peso delle
bombe e dedicarsi al trasporto delle persone.
Nahoko, pittrice, che della fantasia ha fatto la sua
ragione di vita, gli farà scoprire l’aspetto più sensibile del suo carattere,
trasportandolo in un’atmosfera delicata e rassicurante, amandolo e venendo
amata fino all’estremo decorso della malattia.
Siamo di fronte a un’opera molto seria e impegnata.
Decisamente più per adulti che per bambini (che in sala avranno quasi
certamente acceso la psp). Ciò che emerge nel corso di tutto il film, dalla
prima fino all’ultima inquadratura, è la costante presenza del vento. Vento che
è prima di tutto simbolo. Simbolo di spinta, cambiamento, nascita e morte e,
perché no, passione.
Ambientazione impeccabile. Paesaggi mozzafiato (ma lo
sapevamo già), creati con tinte pastello, delicate ed evidenti al tempo stesso.
Tratto leggero e semplice, perfetto.
Azzeccatissimi anche i personaggi secondari: Kirō Honjō,
Kurokawa, Satomi.
Degna di nota l’infelice
frase di Jiro rivolto a Nahoko: “ Ti ho amato dal primo sguardo”. Cosa c’è di
strano?lui era uno studente universitario, lei poco più che una bambina.
Pedofilia portami via. Ma erano altri tempi.
VOTO: 8/10
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