Col definitivo abbandono di George Pérez dal progetto, venne sollevato un enorme polverone fatto principalmente di enorme speculazione e fraintendimenti da entrambe le parti: sia Marvel che DC.
Dalla parte della Marvel, Roy Thomas disse in una intervista che Jim Shooter stava posticipando di proposito la nuova versione del plot di Avengers/JLA per delle ragioni che non riusciva a comprendere, lasciando intendere che Shooter stesse macchinando qualcosa. Quelle però erano solo i suoi personalissimi pareri, e anche abbastanza diffamatori, in quanto l'Editor Marvel stava discutendo con Mark Gruenwald e Roger Stern perché trovo delle incongruenze con la trama e stava discutendo con loro due, in quanto rispettivamente editor e sceneggiatore del mensile Avengers. Per esempio, non vennero tenuti conto di molti cambi di status-quo recenti e altri dettagli. Per fare qualche esempio: nel nuovo plot era prevista la presenza di Ant-Man, ma in quel periodo dietro la maschera non si nascondeva Hank Pym (uno dei cinque fondatori dei Vendicatori) ma bensì Scott Lang, il quale non era membro del gruppo e quindi la sua presenza non era giustificata; altro esempio: Visione avrebbe dovuto essere posseduto e controllato dallo Shiva Egg, cosa alquanto in possibile, dato che Visione ha dimostrato di avere e provare emozioni umane e di non essere, quindi, solo una macchina. Con queste grossolane distrazioni, la trama non poteva essere approvata perché si ignoravano palesemente delle evoluzioni caratteriali e dettagli della continuità.
Ma a quanto pare, Thomas non era l'unico a pensarla così: Marv Wolfman e George Pérez la pensavano uguale, e il 30 Settembre 1983, i due rilasciarono una intervista in cui accusarono pesantemente Shooter di un sacco di cose, ingigantendo più del dovuto la questione. Pérez era ancora indignato per la storia delle sue 21 pagine (ignorando, ancora, del fraintendimento enorme avvenuto con Giordano) e disse di lui peste e corna: sopratutto si dimostrò ancor più adirato quando seppe che il suo rimpiazzo sarebbe stato Don Heck, disegnatore che Pérez non reputava all'altezza del compito. Wolfman, invece, puntò il dito su un questione più economica e professionale. Wolfman, infatti, era convinto che Shooter stesse facendo dei favoritismi e volesse in qualche modo che la DC facesse una brutta figura e che i suoi continui ritardi fossero un piano per mandare tutto il progetto all'aria e minare quindi l'amicizia tra le due major; addirittura arrivò a dire che fece di tutto per far si che Pérez se ne andasse per assumere Don Heck. Ovviamente, erano solo palesi ed ingiuste calunnie nate dalla frustrazione e dalla disinformazione dei due artisti sulla questione: la prova della sua buona fede, era ovviamente lo scambio di lettere tra lui e Dick Giordano e tutte la loro corrispondenza. Inutile dire che Shooter rimase profondamente offeso dal comportamento e dalle dichiarazioni dei due, il quale non aveva fatto altro che preoccuparsi della qualità del prodotto fin dall'inizio e che ogni accusa di Wolfman/Pérez mossa contro Shooter era una pura e semplice menzogna.
La trama alla fine venne completata e ufficialmente approvata il 28 Settembre 1983. Ma la storia era ancora molto lontana dall'esser pubblicata.
Alan Moore torna all’attacco, 60 anni suonati ma ancora
tanta voglia di scrivere. E come ben sapete io non gliela toglierei mai la
penna dalle mani. Nelle ultime due settimane è uscito per Panini Comics il
primo volume della miniserie Providence scritta dal bardo e disegnata dal
bravissimo Jacen Burrows. Coppia che si ripropone dopo il successo controverso
di Neonomicon. A mio parere uno dei lavori meglio riusciti di Moore dal quale
trasuda la passione e l’amore per il genere horror ed in particolar modo quello
per Lovecraft. Providence si propone quindi come un seguito o meglio un prequel
di Neonomicon.
Providence è un viaggio nell’occulto. Robert Black,
giornalista dell’Herald di New York, decide di lasciare il lavoro e dedicarsi
alla stesura del libro che ha sempre voluto scrivere. Una sorta di romanzo
documentario sull’America nascosta, della massoneria e della magia nera, temi
molto cari al caro vecchio Alan. Vedi From Hell. Il protagonista si imbarca
quindi in un viaggio inquietante attraverso gli Stati Uniti durante il quale
incontrerà personaggi di ogni estrazione sociale e che in molti casi non paiono
neanche umani. E forse proprio non lo sono. Chi come me ha letto Lovecraft
ritroverà all’interno di questo fumetto un richiamo veramente pesante ai
racconti dell’autore americano, l’orrore di Dunwich è solo il più eclatante di
tutti ma Providence gronda, gronda di richiami letterari. Viene citato anche “Il
Re Giallo” di Chambers, racconto che ha fatto la fortuna della prima stagione
di True Detective. Ma non voglio anticiparvi altro, per non spoilerare nulla
della trama vera e propria.
Per quanto riguarda la tecnica di Moore è sicuramente
indiscutibile, ogni albo mensile(nel primo volume Panini ci sono i primi 4) l’autore
concede al lettore un indizio, un’immagine che solo alla fine potrà ricollegare
al finale. Per ora infatti è tutto avvolto in una nebbia, una nebbia
inquietante che racchiude al suo interno il viscido orrore che solo la
scrittura sublime ma conservatrice di Lovecraft riesce a donare.
È un fumetto complicato, di lettura difficile sia per la
complessità del testo ma anche perché alla fine di ogni parte si trova il
diario del giornalista, scritto in prosa semplice. A volte il diario aggiunge
dei dettagli, altre volte ci consegna su un piatto d’argento le impressioni
dirette del protagonista completando in questo modo una lettura sia sul piano
dei dialoghi che di caratterizzazione del personaggio praticamente impeccabile.
Signori e signore, il Mago è tornato.
Alan Moore & Jacen Burrows, Providence 1-4,
Panini Comics – 17 euro
Ne parleremo qui lunedì, con la recensione completa. È il
nuovo ciclo fumettistico di Alan Moore, chi ha avuto già la fortuna di leggerlo
tutto dice che è il Watchmen horror capolavoro del bardo. Questo è il primo
volume edito da Panini Comics che racchiude i primi 4 numeri pubblicati da
Avatar in America in albetti classici. 17
euro ma veramente ben spesi. Regalo da fare ad un appassionato di fumetti o
di horror. È un testo davvero forte consigliato per un pubblico adulto o al
massimo tardo adolescenziale.
Portugal
Graphic novel del leggendario Cyril Pedrosa, autore francese
di origini portoghesi. Questo è il suo capolavoro. Portugal parla del
riavvicinamento dello stesso fumettista, che però utilizza un alter ego, alla
sua terra d’origine: il Portogallo. È una storia di una dolcezza infinita,
basata sulla riscoperta di se stessi, della propria famiglia e dei misteri che
circondano solitamente la storia dei migranti. Il rancore dei famigliari e la
riappacificazione raccontati in prima persona con una tecnica narrativa
incredibile. Edito da Bao Publishing 27
euro.
Viaggio a Tulum e
altri racconti
Penso ci sia poco da discutere. Se Milo Manara disegna una
storia scritta dalla leggenda del cinema italiano Fellini c’è poco da fare,
successo assicurato. Ristampa dei fortunati racconti scritti da Fellini apposta
per un altro maestro anche se del fumetto Milo Manara. Non voglio nemmeno
commentare, grazie Panini. 17 euro
ma veramente una bella edizione, grande e ricolorata da zero per dare ancora
più spessore al film impossibile(così lo definì Fellini).
Contrordine. Lo so è un po’ a tradimento per tutti quelli
che si aspettavano il post sui regali di Natale dell’ultimo minuto ma ieri sono
andato a vedere “il risveglio della Forza” e non potevo ritardare la scrittura
di questo post. Recensione NO SPOILER!
Il film si svolge molti anni dopo la caduta dell’impero di
Darth Vader e infatti ritroviamo quasi tutti i personaggi della saga principale
un po’ acciaccati dai droidi a Chewbecca. Siamo fondamentalmente tornati d’accapo,
una nuova minaccia incombe sui popoli della galassia molto lontana e come al
solito il cattivone ha un caschetto nero. Ispirato da Darth Vader è l’erede dei
Sith che sembrano essere estinti come del resto i Jedi. Luke è sparito e sono
tutti alla sua disperata ricerca per tentare di ripetere l’esperienza “impero”.
E questa bene o male è la trama senza spoiler. Passiamo ai personaggi new
entry, tenterò di descriverli senza anticipazioni che potrebbero turbare la
vostra mente. Utilizzerò dei soprannomi che celeranno la loro identità fino a
film visionato.
Il rinnegato: speravo che in questa saga ci infilassero un
tipo come lui. Un antieroe di quelli duri e puri che agisce solo nel proprio
interesse ed appena appare sullo schermo sembra proprio così. Ciò che invece
accade in seguito è lo stravolgimento del personaggio che diventa un eroe a
tutti gli effetti. Forse unico scivolone del film.
La tipa tutto pepe: è la vera protagonista del film. Punto a
favore per la scelta femminile in una saga in cui le donne hanno sempre avuto
pochissimo spazio anche se Leia cavalcava fortunatamente il filone delle amazzoni
nato con Alien di Ridley Scott.
Il cattivone: un bestemmiatore provetto, incline agli scatti
d’ira. Scordatevi la sicurezza di Darth
Vader, è un antagonista combattuto ed
incredibilmente insicuro. Botta di novità per una saga dove bene e male non
erano così separati ma ci si andava molto vicino.
In conclusione il film mi è piaciuto, complici i nuovi
inserti e la scrittura semplice ma efficace e divertente. Registicamente e
stilisticamente molto fedele alla trilogia originale, con all’interno citazioni
degli altri film. Ah, non è un punto di inizio per nuovi fan, è molto legato
alla trilogia dell’impero e quindi consiglio la visione dei primi film. Bravo Abrahms,
non ci avrei scommesso neanche un nichelino ma stavolta sono rimasto fregato.
Capodanno lo passerò a Parigi, cercherò quindi di tenervi aggiornati su come la situazione a poco più di un mese dagli attentati si sia evoluta e di che aria si respiri. Nulla di politico e nulla di ideologico, dal punto di vista umano vedremo come questa città possa essere d'esempio soprattutto per noi cugini di oltralpe. Oppure no.
Per questo nasce un piccolo diario di viaggio: Diari Parigini. Perchè L&H è anche questo: viaggiare. Come era stato per il Giappone e come sarà l'anno prossimo per... SORPRESA.
L&H non va in vacanza, continueremo a pubblicare l'eredità del Simo e alcuni post a sorpresa, alcuni un po' diversi dal solito, intanto avete già comprato i regali di Natale?
Lo scambio di lettere tra Shooter e Giordano cominciò il 18 Maggio del 1983 e continuò fino al 30 Settembre dello stesso anno. Riportare interamente quanto detto in ogni lettera sarebbe non solo faticoso, ma anche dispersivo e dispendioso, quindi verrà fatto un riassunto generale di quanto detto tra i due, citando testualmente solo i passi che saranno ritenuti importanti o eclatanti della conversazione postale.
Nelle prime battute della conversazione, Shooter fece sapere a Giordano il suo disappunto per la trama di Conway, ma sopratutto, per l'inizio dei lavori di Pérez quando l'intera storia ancora non era stata approvata dalla Marvel, sottolineando che niente sarebbe cominciato finché non avrebbe visto una trama quanto meno decente, poiché quella di Conway era considerata da lui priva di logicità alcuna. Giordano così mandò il plot riveduto e corretto, ma con ancora gli stessi buchi logico/narrativi di cui Shooter si lamentava, e Jim rigettò nuovamente il plot dicendo esplicitamente che (a questo punto) andava rivista anche tutta l'idea generale. Arrivati al 26 Maggio 1983, Dick scrisse una lettera in cui spiegava la sua visione della cosa, ammettendo di aver sbagliato ad aver dato il permesso a George Pérez di cominciare a disegnare, perché considerava le sue lamentele una mera formalità lasciando intendere come Dick Giordano avesse travisato alcune stipulazioni del contratto. Giordano infatti pensava che Shooter fosse solo un intermediario tra DC e Marvel e che ogni cosa che diceva fosse per il bene della sua compagnia, ma invece, come Len Wein, i due Editor-In-Chief non erano solo supervisori dello sviluppo del progetto, ma anche coloro che lo tenevano per le palle: doveva esserci il 100% del consenso da entrambe le parti, altrimenti ogni decisione sarebbe stata nulla o discussa fino al raggiungimento di un accordo. Inoltre, aggiunse che Shooter forse si stava preoccupando troppo della qualità del plot e di lasciare al team creativo il compito di sbrogliare la matassa, dato che Gerry Conway venne assunto come plotter, e non come sceneggiatore: lo sviluppo scena per scena della storia sarebbe stato affidato ad un altro scrittore. E ancora, gli fece notare che questo tipo di crossover hanno sempre dei buchi logici e qualche falla, ma che alla fine ai lettori non interesserà, visto i nomi coinvolti: e qui fece l'esempio di The Uncanny X-Men and The New Teen Titans, sottolineando come la trama di Chris Claremont fosse fin troppo semplice, ma d'altro canto, efficace e di gran lunga apprezzata per la sua immediatezza.
Shooter rispose a sua volta e chiarificò l'incomprensione riguardo al suo coinvolgimento, sottolineando che il potere decisionale non stava a Mark Gruenwald solo perché era Editor del mensile Avengers, ma a lui e quindi possedeva potere di vita e di morte sul progetto. Dopo questa lettera però, si comincia a notare che Shooter è sul piede di guerra e si intestardisce sulla sua idea di voler riscrivere l'intera trama. Giordano cerca di farlo ragionare, sottolineando come il team artistico coinvolto potrebbe anche ritirarsi dal progetto, visto che il crossover Avengers/JLA è "un qualcosa in più", più un side-project che una vera e propria commissione. Riscrivere tutto voleva dire ripartire dall'inizio, e quindi perdere ulteriormente tempo e magari anche personale che non avrebbero visto di buon occhio i cambi, quindi lo invita a fare una lista dei cambi che voleva vedere, così da fare delle correzioni chirurgiche e non dilungare ulteriormente i lavori. Intorno al 15 Giugno 1983, Dick e Jim vanno a pranzo e discutono. Alla fine Shooter la vince: l'intero plot verrà riscritto, ma dovrà essere completato nell'arco di pochi giorni, per non far imbufalire Pérez e perdere i suoi servizi, dato che avrebbe sicuramente dovuto rifare qualche tavola per attenersi al nuovo plot scritto.
Passano ancora dei giorni e, nel frattempo, Pérez ha già completato 21 pagine delle 64 previste. Così Giordano incarica Roy Thomas di scrivere una nuova trama (con sceneggiatura annessa) in linea con quanto già realizzato da Pérez, così da non buttare totalmente il suo lavoro nel cesso. Il 5 Agosto del 1983, in occasione del San Diego Comics Convention, Dick consegna a Jim una copia del nuovo plot fatto e finito chiedendogli di approvarlo seduta stante. Shooter però rifiuta, dato che vuole sottoporre la nuova trama alla visione di Mark Gruenwald e Roger Stern: rispettivamente, editor e sceneggiatore del mensile Avengers, vedendo così cosa ne pensano. Intanto, sul versante disegnatore, George Pérez comincia ad imbizzarrirsi poiché trova frustrante il fatto di aver disegnato 21 pagine di una storia di cui si stava ancora discutendo e in alcune interviste lascia trasparire frustrazione e sfiducia verso Jim Shooter, mettendo addirittura in discussione le sue capacità da editor, dato che si chiedeva com'era possibile dare l'ok ad un disegnatore per una storia che non ha nemmeno uno straccio di trama sicura. Pérez però non saprà mai che il suo lavoro cominciò prematuramente per colpa di una incomprensione di Giordano, e quindi il suo pensiero su Jim Shooter apparì abbastanza diffamatorio, ma principalmente perché peccava di ignoranza, dato che non si informò mai sulla questione e perché non parlò mai direttamente con Shooter, ma sempre usando Giordano come intermediario.
Vedendo che il progetto non stava prendendo forma e che la trama era ancora piuttosto discussa, George Pérez raggiunse il limite e il 22 Agosto 1983 abbandona ufficialmente il progetto.
Tra il Settembre del 2003 e il Marzo del 2004, Marvel e DC Comics unirono nuovamente le loro forze editoriali e decisero di dar vita alla quinta essenza dei crossover supereroistici: l'incontro/scontro tra i Vendicatori e la Justice League, il meglio di quanto le rispettive case editrici potevano offrire. Nonostante già nei primi anni '70 le due case editrici collaboravano per realizzare dei crossover in cui far vivere le avventure dei loro personaggi, dando modo di dar vita a pregevoli team-up come The Uncanny X-Men and The New Teen Titans (ma anche a discrete porcherie come Batman vs. The Incredible Hulk), i fan non aspettavano altro che il crossover che avrebbe visto i maggiori supergruppi delle due case editrici collaborare e scontrarsi. Ma se gli echi di Avengers/JLA si sentivano già nei primi anni '80, com'è stato possibile vederlo pubblicato solo nei primi anni 2000? Oggi, lo scopriremo.
Seguendo l'enorme successo di Superman vs. The Amazing Spider-Man, nel 1982 le due major decisero di stipulare un contratto che le avrebbe viste collaborare su altri crossover molto simili, in modo da far incontrare ancora i loro personaggi: in uno di questi, avrebbero dovuto comparire per l'appunto Vendicatori e JLA. Siccome nei rispettivi universi narrativi i due supergruppi rappresentavano il meglio sulla piazza, entrambe le major decisero di calcolare e dare importanza ad ogni singolo dettaglio, in modo da confezionare un prodotto esplosivo. Del resto, era effettivamente un momento storico e non poteva essere trattato con sufficienza o pressapochismo. Così, per prima cosa, sistemarono il contratto con eventuali clausole, come il fatto che entrambi gli editor di Marvel e DC - all'epoca, rispettivamente Jim Shooter e Len Wein - avrebbero supervisionato lo sviluppo del progetto e chi delle due si sarebbe occupato di produzione e distribuzione (Marvel si occupò della prima, DC della seconda). Agli albori del 1982, il contratto era bello che ultimato, concordato e firmato: non restava che scrivere e disegnare. Si cominciò quindi dalla trama e dalla delineazione generale del plot, che l'allor Executive Editor della DC Dick Giordano (anche lui coinvolto nel progetto) affidò a Gerry Conway.
Passarono mesi e mesi e da Conway nessuna notizia, finché nel Novembre del '82, Shoter chiamò Giordano e chiese se dopo tutto questo tempo il plot fosse pronto. Dapprima Giordano non rispose ai messaggi lasciati da Shooter, ma dopo l'invio di quest'ultimo di un telegramma in cui sollecitava alla risposta, Giordano rispose che il plot era in dirittura d'arrivo. Passarono quattro mesi e il 23 Febbraio del 1983, Jim Shooter riuscì finalmente a leggere l'intero plot di Avengers/JLA...che rifiutò in toto. L'allor Editor Marvel, dopo aver letto il plot di Conway, spedì una lettera a Giordano in cui diceva che era insoddisfatto di quanto aveva letto e si rifiutava totalmente di approvarne la produzione, poiché la trama delineata dallo scrittore non stava in piedi e le azioni dei personaggi non avevano fondamento e, in pratica, secondo Shooter il tutto non aveva alcun senso e non c'erano delle solide ragioni per cui dovevano fare quello che stavano facendo.
Successivamente, Shooter ricevette una telefonata da Len Wein e i due, insieme a Mark Gruenwald (editor dei Vendicatori all'epoca) organizzarono un meeting per discutere delle obiezioni mosse da Jim riguardo alla trama di Conway e vedere cosa si poteva fare per poter sistemare quello che non gli andava bene. I tre parlarono ma un'accordo non si riuscì comunque a raggiungere, poiché Wein era più propenso a fare qualche cambiamento qua e là ma tenere comunque l'idea di Conway; Shooter, invece, voleva riprendere dall'inizio il plot, leggere riga per riga, e cambiare laddove riteneva necessario. Insomma, uno volevo fare delle superficiali correzioni, mentre l'altro voleva attuare un vero e proprio diluvio universale di cambiamenti. Il 17 Maggio 1983, però, accade qualcosa: Jim Shooter scopre che il disegnatore scelto per realizzare graficamente la storia (George Pérez) aveva già cominciato a disegnare le tavole, anche se il plot era ancora sotto un pesante re-editing. Da questo momento, entriamo in una fase che rispecchia totalmente il termine di "mailbombing": Shooter e Giordano cominciano a scambiarsi un sacco di lettere, discutendo più o meno aspramente su Avengers/JLA. Vediamole nella seconda parte.
E alla fine arriva Netflix. La tivi streaming più famosa al
mondo è sbarcata in Italia e alla fine del mese gratuito tiriamo un po’ le
somme. Così un po’ a casaccio dato che ho visto poco e un cazzo.
Dovrei avere
veramente un cazzo da fare per aver visto tutto. Pro e contro veloci veloci? E serie
consigliate? Dai su non fate gli schizzinosi
PRO:
·Sempre, ovunque, basta che ci sia na dannata
rete internet.
·Costo contenuto
·Documentari con i contro cazzi, anche argomenti
davvero poco affrontati e che invece andrebbero ancora di più approfonditi(vedi
Hot Girl Wanted)
·Film snobbati che invece meritano di essere
visti(Shame)
CONTRO:
·Poca scelta di film. Ma aspettiamo un attimo, è
un mese che c’è.
L'anno scorso, in vista dei 75 anni del personaggio, la DC Comics rilasciò due cosette per festeggiare ulteriormente il compleanno del pipistrellone (siccome, all'epoca, non lo stava festeggiando abbastanza), due cosettine che per quanto piccole sono davvero tanta roba. Ergo, ho deciso di dedicargli un post tutto loro. Siamo pronti? E via che si va!
Le "cosette" in questione sono due piccoli corti animati dal grande cuore, dalla grande animazione e sopratutto dai grandi nomi. Il primo è un tributo alla leggendaria Batman: The Animated Series; il corto di due minuti e mezzo circa è diretto, prodotto e disegnato da Bruce Timm in persona, l'uomo che si è occupato dei disegni della più grande serie animata del Cavaliere Oscuro e che (da allora) si è occupato della stragrande maggioranza delle trasposizioni animate a lui dedicate. Si, lo ha sempre fatto in coppia con Paul Dini, ma qui in questo corto non ci mette mano.
In questa piccola ma grande prova animata, Bruce Timm riprende il costume della prima apparizione di Batman avvenuta su Detective Comics #27, ci toglie i colori (lasciando solo il bianco, il nero e il grigio), ci butta Hugo Strange come villain e infila il tutto nelle atmosfere pulp anni '30, ripercorrendo (per quanto brevemente) i primi anni della carriera del difensore di Gotham City. La quantità è poca e di sicuro fare una puntata di una ventina di minuti non avrebbe fatto schifo, sopratutto ai fan di questa serie e del disegnatore (sottoscritto compreso), ma c'è da dire che la qualità raggiunge livelli stratosferici e per quanto corto sia questo...ehm, corto, non si rimane delusi. E forse è anche meglio che sia rimasto breve, dato che le storie a fumetti degli anni '30 si risolvevano in poche pagine, così facendo si rende il tributo massimo agli inizi dell'alter-ego di Bruce Wayne. Batman: Strange Days riesce a far venire quella giusta dose di malinconia necessaria per riprendere in mano Batman: The Animated Series? Si, ci riesce, ma a voi l'ultima parola.
Il secondo, invece, è diretto, prodotto e animato da Darwyn Cooke, l'uomo che si è occupato dei disegni della seconda e terza serie animata rispettivamente conosciute come The New Batman Adventures e Batman Beyond. All'epoca le due serie erano prodotte e sceneggiate sempre da Bruce Timm e Paul Dini, Cooke non ha mai messo mano a nessuna sceneggiatura o direzione di qualche tipo, però i suoi disegni e il character design di personaggi, mezzi e ambientazioni sono diventati storici; sopratutto il suo lavoro fatto su Batman Beyond gli ha valso i riconoscimenti (ben guadagnati) di mezzo comicdom. Per chi se lo stesse chiedendo, si, le due serie su cui ha lavorato Darwyn Cooke sono il seguito della storica serie anni '90 e si incastrano nella continuità animata creata per quell'universo.
Questo corto è addirittura più breve di Batman: Strange Days e presenta una trama ancora più corta. Si vede che il disegnatore (e, all'infuori della animazione, anche sceneggiatore di fumetti) aveva pensato il suo Darwyn Cooke's Batman Beyond non come un cortometraggio di un minuto e mezzo scarso, ma almeno come un mediometraggio di una mezzoretta/quaranta minuti circa; questo lo si capisce dalla conclusione della vicenda abbastanza sbrigativa ma comunque altamente godibile. L'azione è più adrenalinica, l'animazione più frenetica ma sempre di qualità e con il trucco più vecchio del mondo, Cooke riesce a far comparire entrambe le versioni di Batman su cui ha lavorato in una sola storia; finito il tanto atteso scontro tra Terry McGinnis e Bruce Wayne, se non vi è sembrato niente di che, aspettate di vedere come finisce il corto, che vi salirà una scimmia impressionante. Ebbene si, sul finale si risolleva un sacco...ma su quello non vi si dice niente, ve lo si lascia gustare senza spoiler. Dico solo che è un finale citazionista dal grande tasso di badassissimo. Poi oh, anche qui, a voi l'ultima parola.
E con questo, abbiamo pubblicato entrambi i corti animati rilasciati da DC Comcis per festeggiare le tre più grandi serie animate di Batman che (poco ma sicuro) hanno aiutato il personaggio ad aumentarne la fama e il gradimento. Voi che ne pensate? Vi sono piaciuti? V'hanno fatto pena? Esprimetevi...e, intanto: ancora tanti auguri Batman! Te li si augura nel mondo in cui più ti compete.
Questa sarà una recensione diversa dal solito. Non ci
saranno grandi analisi, per quanto grandi possono essere le mie analisi. Non ci
saranno commenti tecnici né parentesi goliardiche. Non ci sarà ironia. Non ci
sarà sarcasmo. Sarà breve.
L'UOMO BIANCO, RICCO GUARDA DAL FINESTRINO DELLA MACCHINA,
LI FOTOGRAFA, LI COMPATISCE MA VENDE LORO LE ARMI.
LA GUERRA È REALE, LA VIOLENZA È REALE. LA MORTE È
REALE.
“I proiettili mangiano tutto, le foglie, gli alberi, le
persone”
È uscito. Tutti lo aspettavano, tutti lo desideravano.
FALLOUT 4 è uscito. Benvenuti nel Massachussets, è il 2277. 200 anni fa è
cominciata una guerra nucleare che ha portato il mondo allo sconvolgimento più
totale. Tu sei un soldato criogenizzato in un rifugio anti atomico insieme alla
tua famiglia. Il problema è che durante il tuo riposo tua moglie è stata uccisa
e il tuo bambino neonato è stato rapito da un brutto ceffo. Da buon padre devi
trovarlo. Così comincia l’avventura. Così comincia Fallout 4.
Ho dedicato già molte ore di gioco a questo capitolo della
saga e quindi mi sento in grado di dare bene o male un giudizio. O almeno ci
provo data l’immensità delle ore giocabili. Non voglio soffermarmi su trama o
narrazione perché occorrerebbe davvero tanto tempo per sviscerare ogni sottomissione
e non ho concluso neanche la missione principale quindi mi pare inutile. Anche se
un minimo giudizio lo posso dare: abbastanza scontata, per il punto dove sono
arrivato. Cioè la prima cosa che ho pensato quando ho visto rapire mio figlio e
avendo visto mezzo trailer si è dimostrata giusta ed è una scoperta che il
personaggio quasi subisce, senza nemmeno la sorpresa che ci si aspetterebbe. Ho
trovato molto più toccante una scena di una subquest in cui si è praticamente
costretti, a meno di convincere il soggetto in questione, cosa praticamente
impossibile se non si è livellato fino a quel punto, ad uccidere il proprio
mentore. A questa conclusione tragica ci si arriva ovviamente solo prendendo le
decisioni che ho preso io. Voglio ricordare infatti che la trama del gioco
cambia a seconda delle decisioni prese autonomamente dal giocatore. Generalmente
la narrazione però è uguale per tutti, almeno per quello che riguarda l’impianto
base della storia.
Passando ai tecnicismi che il gioco è scadente rispetto ad
altri per quanto riguarda la grafica, i creatori hanno infatti deciso di sacrificarne
una parte per inserire più ore giocabili possibili ed ingrandire a dismisura la
mappa. Ci sono almeno 4 gruppi che si possono joinare anche se poi ad un certo
punto almeno due di questi diverranno vostri nemici, quindi vi consiglio di
portare avanti più o meno in parità tutte le missioni delle varie confraternite
o gruppi al fine di non perdervi niente come invece ha fatto il sottoscritto.
Passiamo velocemente ad un pro e contro della situazione,
senza perderci in ulteriori chiacchiere da strada.
PRO:
·Longevità.
·Possibilità di sposare la causa di più gruppi e
quindi di potersi affezionare ad uno in particolare.
· -Incredibile varietà di creature.
·Grande varietà di paesaggi.
·Validità delle missioni secondarie
·Possibilità di avere un compagno di viaggio, possibilità
di congedarlo in qualsiasi momento. Ogni compagno ha capacità diverse e PS
diversi.
CONTRO:
·Grafica.
·Caricamenti molto lunghi.
·Banalità della trama
·Troppe abilità, albero delle abilità confuso.
·Costruzione dei rifugi secondaria e poco chiara.
·Talvolta le missioni sono poco chiare e a volte
addirittura insensate.
L'Estate è, insieme alle vacanze di Natale, il periodo dei grandi recuperi. Di cosa, di preciso? Beh, di parecchio cose: dei film, dei libri, delle serie tv, dei fumetti e tutte queste belle cose qui. Del resto, tutti abbiamo qualcosa che abbiamo sempre voluto vedere/leggere, e questi sono i periodi ideali per fare un bel dito medio alla nostra vita sociale, rinchiuderci nel nostro angolo di mondo e iniziare il recuperone. Nemmeno il Symo è esente da questi grandi recuperoni e, avendo da sempre avuto il cruccio di non esser mai riuscito a guardare Futurama con una certa costanza, s'è messo li e ha recuperato tutti i 140 episodi della serie. Dunque, perché parlare solo del suo finale e non dell'intera serie? Perché Futurama è una di quelle serie che parla da sé, non ha bisogno di recensioni, ha bisogno di farsi guardare e lasciarsi andare a risate incontrollate. Però, c'è bisogno di dire qualche parola sul finale e dire perché è stata una scelta matura e coraggiosa.
Innanzitutto, prima di parlare del perché il series finale (come lo chiamano i recensori seri) di Futurama sia un esempio da seguire per tutti quelli che portano avanti una storia raccontata con serialità, diamo qualche informazione tecnica, siccome ho immaginato che molti, nel leggere il titolo, abbiano gridato a squarcia gola frasi come: "Cosa? Futurama è finito? Dove, quando, perché, chi l'ha lasciato accadere? Chi l'ha permesso? Com'è potuto succedere!?". Il series finale di Futurama, 140° episodio della serie e 26° episodio della 7° e ultima stagione, s'intitola Meanwhile e venne trasmesso in USA ben due anni fa, cioè nel 2013; in Italia, la 7° e ultima stagione arriverà poco dopo e verrà trasmessa con tempi piuttosto dilatati: tra l'Ottobre del 2013 e l'Ottobre del 2014; l'ultimo episodio, di fatti, in Italia andò in onda il 1° Ottobre del 2014: quindi, volendo, nemmeno troppo tempo fa.
Eppure, pensandoci, sembra quasi una vita. Non tanto perché si parla del 2014 (che è effettivamente l'anno scorso) ma perché si ripensa sopratutto agli esordi del cartoon, dato che Futurama iniziò praticamente quando gente come me (nata nel 1990) aveva dieci anni; senza contare lo stop di cinque anni avvenuto nel 2003 e che portò la serie alla cancellazione e il suo successivo rinnovo nel 2008, tra una cosa e l'altra, il secondogenito di Matt Groening è durato ben sedici anni. Si, gli anni di stop non dovrebbero essere contati, ma fanno comunque parte della sua storia, quindi li contiamo. Detto questo, ora possiamo veramente parlare del finale della serie. Come ci muoviamo? Avete un pò di possibilità. A) O vi sparate il riassunto che trovate dopo l'immagine (riassunto che conterrà degli spoiler sulla puntata, quindi, se non volete leggere dovete evidenziarlo col mouse), oppure B) Vi sparate venti minuti di puntata guardandovela in Italiano e in streaming a questo link. A voi la scelte. In ogni caso, dopo lo spazio bianco, ci saranno le mie considerazioni. E badate bene: considerazioni, non recensione.
Il Professor Farnsworth inventa un macchinario che fa tornare indietro il tempo di 10 secondi (l'invenzione necessità però di 10 secondi di ricarica prima di poter essere utilizzata nuovamente) ed una capsula immune alle variazioni di tempo. Fry di nascosto ruba il macchinario poiché sta organizzando una sorpresa in grande stile per Leela, che dopo le prime battute dell'episodio che l'hanno vista in pericolo di vita, Fry realizza che la ama troppo e non può vivere senza di lei, decidendo quindi di chiederle di sposarlo. Dopo la sua proposta, Fry invita Leela a prendersi del tempo per pensare e, se la sua risposta fosse stata un "si", di raggiungerlo all'ultimo piano del grattacielo Vampire State Building alle ore 18.30. Non vedendola, arrivare decide di suicidarsi, ma mentre precipita dal grattacielo la vede comparire puntualmente davanti al palazzo e Fry si accorge troppo tardi che il suo orologio è avanti di mezzora; dunque clicca il pulsante del macchinario, però 10 secondi prima si era già gettato nel vuoto, quindi continua a cliccare il pulsante ogni 10 secondi, rimanendo bloccato in una sorta di loop.
Nel mentre il Professore, rifugiato all'interno della capsula dell'immunità, si accorge del loop temporale e invita la ciurmaglia ad entrare nella capsula con lui e (una volta dentro di essa) raggiungono Fry per porre fine all'anomalia. Giunti davanti alla torre vedono Fry cadere, ma quest'ultimo nel vedere gli amici, si distrae e perde il macchinario dalle mani, morendo spiaccicato; nello stesso momento, il Professore esce dalla capsula dell'immunità, ma sfortunatamente per lui, Leela preme il bottone e Farnsworth scompare in un vortice. Leela dunque continuerà a premere il bottone e continuerà a far vivere Fry in un loop che comprende anche la sua morte, intanto che lei e il resto della Planet Express pensano a come risolvere la situazione; interviene Bender che, con un colpo di genio, fa gonfiare il proprio air-bag sul quale Fry cade e rimbalza, solo per poi cadere a terra proprio sul macchinario, rompendolo. Tutto l'universo si blocca, esclusi Fry e Leela.
I due decidono, nonostante tutto, di sposarsi ugualmente e di partire per una luna di miele che durerà tutto il resto della loro vita. Dopo aver girato il mondo a piedi, una volta invecchiati tornano al Vampire State Building per consumare il brindisi che Fry aveva programmato anni fa, dove si palesa il Professore, il quale era sempre stato presente sotto forma di uno strano scintillio, bloccato in un universo parallelo e in cerca del macchinario da riparare. Una volta riparato, Il Professore avverte che una volta che avrà cliccato il pulsante, il tempo sarebbe tornato indietro all'attimo prima in cui lui avrebbe inventato il macchinario, costringendo tutti (ma proprio tutti) a rivivere eternamente lo loro vita da capo a partire da quel momento. Fry e Leela approvano e il Professore preme il pulsante.
E questo, era il finale di Futurama. Parliamone meglio ora.
Come avevo detto in apertura, Nel Frattempo (come è stato tradotto Meanwhile in Italiano) è un episodio che deve fare scuola e che si deve porre come esempio per tutti coloro che portano avanti una certa serialità. Sia chiaro, l'episodio in sé, a mio parere, non è esattamente un capolavoro, dato che le battute al suo interno non sono poi così divertenti, visto che si pone più come episodio riflessivo, che esilarante; e anche sul quel punto, la puntata procede con una certa stanchezza e poca energia: più intriso di ansia da prestazione, che con la solita demenziale sicurezza del cartoon (da una parte va anche capito: in effetti, è paradossalmente più difficile fare un finale di una serie alla Futurama o alla Simpson, piuttosto che una più drammatica) Però è da valorizzare il fatto che, ad una certa, showunner e sceneggiatori hanno deciso che era il caso di chiudere il cerchio. Che era il caso di dire quel "basta": ma non un "basta" tenente al negativo, ma un "basta" tendente al "ho dato tutto quello che potevo dare per questa serie, oltre che dire tutto quello che potevo dire, meglio chiuderla qui".
Benché i network televisivi guardino i numeri, gli share e i ratings, ancora nessuno sembra aver capito/sembra non voler ammettere, che la creazione di una serie animata (come la creazione di molte altre serie non animate) è un processo esclusivamente legato all'arte. In questo contesto, si vive per raccontare e far suscitare emozioni di qualsiasi tipo: si vive, insomma, per il puro gusto di raccontare, di scrivere e di animare rendendo pubbliche le cose che ci stanno a cuore; se però si comincia a creare e inventare con il solo scopo di continuare a guadagnare con quella serie ed occupare uno spazio nella programmazione e pubblicazione, allora quella serie è morta a prescindere, perché i meccanismi che la muovono, non sono più legati all'anima, alla fantasia, all'inventiva. Non diventa più un "lavorare per vivere", ma un triste ed amaro "vivere per lavorare". Con questo non voglio dire che Futurama stava rischiando di diventare questo, ma quando le idee finisco, oppure quando la storia (in caso di trama orizzontale) portano gli eventi ad una certa conclusione, è bene farsi un esame di coscienza e avere il coraggio di andarsene finché si può ancora tenere la testa alta.
Meanwhile è un finale adulto e coraggio per questo, perché ci si è accorti che il potenziale della serie lo si è sfruttato fino all'invero simile, oltre che aver avuto le palle di chiuderla in un periodo in cui molte serie di discutibile fattura vanno avanti sfruttando fanservice o terribili clichè del loro genere solo per azzeccare più stagioni, occupare un palinsesto e ricevere il soldo da vecchi appassionanti o da gente che di trame e serialità non solo capisce poco, ma che guarda solo perché abbisogna di 20/40 minuti di totale spegnimento del cervello: in genere, quelli che ci rimangono male per la cancellazione di telefilm di merda come Selfie, atto che dimostra che (a volte) la giustizia esiste e funziona. Meanwhile è stato ed è, insomma, un atto di amore per la propria creatura, oltre che la degna restituzione della fiducia data a network televisivi e fan che si sono battuti per il suo rinnovo, veramente avvenuto poi nel 2008, come detto sopra.
"Avete creduto in questo progetto. Vi siete a lui affezionati e gli avete voluto bene tanto quanto ne ho voluto io. Quindi, io vi ripago così, magari non con un finale obiettivamente e oggettivamente perfetto, ma ideale e perfetto per Futurama": non sono sicuro abbiano detto proprio così, ma da quanto si vedere in Nel Frattempo, sembra che Matt Groening e David X. Cohen abbiano pensato una cosa simile. Pur non essendo perfettissimo, è il miglior finale che potevamo sperare per Fry: l'avatar della demenzialità e della stupidità, una maschera sconclusionata, rimbambita e da adorabile perdente che (almeno una volta) tutti abbiamo indossato. Se mai gli abbiamo mai voluto bene o ci siamo mai preoccupati per lui, se qualche volta l'abbiamo addirittura considerato un amico, questo è il miglior regalo che poteva essergli fatto: passare tutta la vita quel momento speciale, e passarlo di nuovo, sempre e per sempre.
Un finale coraggioso e adulto, quello di Futurama: perché si è avuto le palle di scrivere un degno epilogo, quando ancora c'era inventiva per farlo, ma sopratutto perché è stato coerente a sé stesso fino alla fine, rifiutandosi di andare avanti because money. Un finale che dice grazie, noi gli diciamo prego ma anche grazie, e lui ci dice prego e poi grazie, ma anche noi poi diciamo prego e grazie, e lui ribatte nuovamente come prima. Così in loop. Tutto ha una fine. E se ce ne viene data l'occasione, meglio prendere la palla al balzo, e chiuderla nella giusta maniera. Perché le occasione di scegliere come chiudere il cerchio, e di sceglierlo per conto nostro, sono pochissime. Meglio approfittarne. Magari viene fuori pure qualcosa di memorabile.
Ciao a tutti! Da domani questo blog torna un po’ più attivo,
la miriade di progetti in cui mi sono infilato sta assorbendo quasi tutto il
mio tempo ma con un po’ di olio di gomito sono riuscito a recuperare un po’ di
materiale per tenere vivo il blog. Da domani ogni settimana per 8 settimane l’eredità
del Simo ci terrà compagnia. E per due settimane avrete due articoli freschi
freschi: recensione di Fallout 4 e le prime impressioni sulla rivoluzionaria
streaming tv Netflix.
Si comincia domani a mezzogiorno con l’eredità del Simo:
speciale finale Futurama!
il nostro autore ci lascia definitivamente non riuscendo più a far fronte ai suoi vari impegni sugli altri blog quindi ci regala come addio 8 post che pubblicherò una volta a settimana.
Questo volume è una raccolta di racconti brevi del maestro
Brian Bolland che tutti ricorderete per aver disegnato The killing Joke, la migliore storia di Batman mai scritta(a mio modesto parere). Questo volume è
edito da BD edizioni, è di qualche anno fa e non conosco esattamente la sua
reperibilità ma sul sito dell’editore è subito disponibile.
Il volume si apre con alcune storie del “l’attrice e il
vescovo”, i due protagonisti vivono insieme in uno strano connubio che è alla
fine un mero esercizio di stile per l’autore. Certo ogni tanto non guasta un’esperienza
simile ed infatti le battute in rima ed i disegni meravigliosi vi trasporteranno
in un mondo surreale, con domande continue sul loro rapporto e sul loro legame.
Non aspettatevi risposta, d’altronde è un esercizio di stile!
Si continua con le disavventure di Mamouilain, alter ego
dello scrittore che si trova ad affrontare la vita di tutti i giorni. Vignette prettamente
satiriche, humor inglese che sorprende ad ogni pagina anche se da contestualizzare
nel periodo in cui sono state scritte. Alcune però reggono bene e diventano
critiche sociali immortali. Questa inoltre è la dimostrazione che anche le
vignette comiche umoristiche possono essere disegnate in maniera eccelsa. Infatti,
a parte il protagonista che è una caricatura, tutte le altre figure sono
disegnate in maniera perfetta. Quelle che sono disegnate caricaturalmente hanno
un perché.
Alcune storie classiche rivisitate chiudono il volume concedendo
al nostro sguardo nuovamente l’ebrezza che solamente disegnatori come Bolland
sanno dare.
Conoscete tutti The Boys, la serie a fumetti edita da Dark
Horse e scritta da Garth Ennis e disegnata da Darick Robertson. È la tipica
serie che “era meglio se chiudeva prima”. Lo sappiamo tutti: ci sono delle
serie che vengono spolpate, dilungate, allungate a dismisura rovinandone
l’essenza e il messaggio. C’è Assassin’s Creed nel campo videoludico, c’è Lost
nelle serie tv e c’è The Boys per i fumetti. Sì perché nata come una
critica/parodia dei fumetti supereroistici di casa Marvel e Dc sta diventando
la stessa cosa. Mantenendo un linguaggio underground e temi che variano dal
complotto allo splatter al sesso estremo comincia ad essere tremendamente
ripetitivo e la trama comincia a traballare. Non so se per direttive della casa
editrice o l’ego dell’autore stanno rovinando una delle serie migliori mai
scritte. La narrazione diventa sempre più arrancante, ampollosa, ridondante. I dialoghi
si ripetono, si va sempre a parare nelle solite direzioni, non ci sono
sorprese. La parte centrale della serie è di una noia mortale e non so se ci si
prepara al colpo di scena finale ma ciò non toglie che è tutto tremendamente
lento. I disegni seguono la trama, da un certo capitolo in avanti si fanno
stanchi, uguali, indistinguibili e approssimativi. Peccato, peccato davvero.
Giusto un paio di giorni fa mi è venuta voglia di vedermi un bel thriller. Ero molto dubbioso ma ho dovuto ricredermi. Oggi vi racconto
UOMINI CHE ODIANO LE DONNE (2009)
Regista: Niels Arden Oplev
Tratto dal romanzo di Stieg Larsson, il film è stato poi riproposto qualche anno più tardi (2011) da David Fincher (idolo) che ne ha realizzato il remake, "Millennium - Uomini che odiano le donne". Non fatevi ingannare dal titolo di quest'ultimo, perchè la rivista Millennium, di cui il protagonista Mikael Blomkvist è direttore, fa solo da sfondo alla vicenda ma non entra direttamente nella trama principale.
Famoso per le sue doti deduttive e interpretative, Mikael viene contattato da un uomo d'affari, Henrik Vanger. Quest'ultimo fa parte di una delle più potenti famiglie della zona, proprietaria di un vasto complesso industriale. Vuole capire cosa sia successo alla nipotina scomparsa 40 anni prima, probabilmente assassinata da un membro della sua stessa famiglia.
Durante le indagini Mikael incontrerà Lisabeth Salander, formidabile hacker che nasconde un grosso segreto.
Thriller davvero di ottima fattura, questi svedesi sono davvero mica male (vedi "Lasciami entrare", 2008, Tomas Alfredson). Mai noioso, riesce a coinvolgere al 100% lo spettatore. Come sapete non sono un amante dei film che superano le 2 ore, e inutile dirlo, queste 2 ore e mezza si sentono. Però meno del solito: il martello sui testicoli secondo me non si abbatte mai (come invece è successo per "The Wolf of Wall Street") e la storia è sempre molto interessante.
Qua e la si vede anche mezza chiappa della protagonista che è davvero cuore.
Cosa succederebbe se su un personaggio del cazzo come Vampirella
scrivesse gente del calibro di Alan Moore, Grant Morrison, Warren Ellis e Mark
Millar? Mi spiace rovinarvi le seghe mentali che già vi state facendo: è già
successo. Ed è andata ben… no aspetta. Andiamo con ordine.
BD edizione ha pubblicato questo volume qualche anno fa. Questo
brossurato raccoglie tutte le storie della vampira fumettistica più famosa
scritte appunto dai big del comics internazionale.
Chi ne è uscito vincitore? Chi non è riuscito lo stesso a
scrivere una storia decente nonostante le sue qualità riconosciute in ogni dove?
Andiamo con ordine. Autore per autore. L’ordine in cui li metto è più o meno
quello di apparizione nel volume. Più o meno perché gli ultimi due hanno
scritto una storia insieme ma ciò non è importante per il succo del discorso.
Warren Ellis: apre il volume l’autore dalla bella barba. Letta
questa brevissima storia mi sono detto: se tutte sono così ho fatto l’acquisto
della vita. Sì perché la prima storia è un mix tra noir ed horror, due
detective stanno indagando su un omicidio misterioso. L’apparizione di questa
donna bellissima, Vampirella appunto, e la straordinaria capacità di sedurre
gli uomini per poi ucciderli. Lo stesso detective protagonista ne sarà attratto
e sedotto. Disegni particolarmente pittorici rendono la storia veramente degna
di essere letta.
VOTO 8/10
Alan Moore: se quello prima aveva una bella barba questo non
ha bisogno di complimenti. Alan scrive una storia senza nemmeno citando
Vampirella ma facendo un discorso più generale sulla razza vampira e
utilizzando il più famoso di tutti: Dracula. Un pamphlet filosofico sul
proliferare del male e della corruzione nel nostro mondo moderno utilizzando il
vampirismo come capro espiatorio. Che già è tutta una sega mentale. I disegni
purtroppo non sono un granché ed è forse ciò che penalizza il racconto.
VOTO 7,5/10
Grant Morrison: purtroppo fa suo un personaggio che non c’entra
una mazza con il suo stile. Cerca quindi di lasciarsi andare a qualche
sparatoria e rissa di troppo tracciando una storia non solida. Poco indicativa
e volta solo al piacere del lettore di vedere tette grosse e donne in lattice
senza però riuscire a darne nemmeno un tratto vagamente attraente. Anche e
soprattutto la storia con Millar segue questa falsa riga. Insufficiente decisamente
per un autore del suo calibro e con la sua fama.
VOTO 4,5/10
Mark Millar: la storia con Morrison fa effettivamente
cagare. Senza grandi giri di parole. Il racconto però che invece ha in
solitario è quasi convincente anche se non riesce a tener botta e non so se per
le pagine che aveva a disposizione o perché si era già scartavetrato i
testicoli a scrivere su questa testata chiude in fretta la storia senza neanche
mezzo avviso.
Bao non si lascia sfuggire la pubblicazione di quest’opera,
ne parliamo oggi su L&H. Un po’ in ritardo come piace a noi.
L’opera si presenta come una mezza storia vera, una zona del
sud est asiatico sta venendo selvaggiamente saccheggiata da noi simpaticoni occidentali.
Un gruppo di ragazzini/bambini si organizza per difendere la propria terra. Questo
è tutto vero, è successo davvero. Ma si aggiunge la parte romanzata, ovvero i
leader di questo gruppo di ribelli hanno poteri soprannaturali e riescono a
fronteggiare i militari occidentali grazie all’evocazione di creature e all’uso
di incantesimi.
Il protagonista è un americano che con un figlio in arrivo
decide di accettare un lavoro da bombarolo offertogli da un suo amico che fa
affari ai limiti del legale. Il lavoro è appunto in questa terra tropicale. Dopo
aver aiutato un ragazzino ferito l’americano si troverà ad essere rapito e
costretto ad aiutare i bambini risvegliando il proprio senso etico e morale.
Sulla carta una storia fantastica e con grandi temi da
affrontare come lo sfruttamento delle popolazioni del terzo mondo e delle loro
terre e il tema dei soldati bambini, costretti a rinunciare alla propria
infanzia ed innocenza. Non riesce però mai a coinvolgere veramente, i rapporti
con i ragazzini sono poco indicativi e poco emozionanti. Nei punti topici non
si riesce mai ad essere realmente dentro la storia e le atmosfere tropicali e
la condizione estrema dei bambini sembra davvero troppo forzata. I disegni
superbi non riescono a dare però solidità ai dialoghi che rimangono troppo
abbozzati.
Perdonate ulteriormente la mia assenza ma ho avuto molto da
fare ultimamente. Innanzitutto l’università che mi ha succhiato una quantità di
tempo enorme ed anche l’assenza dei miei colleghi non ha giovato. Purtroppo sembra
che la nostra collaborazione sia giunta al termine per ragioni più o meno
valide. E in un caso nemmeno conosciute. Il blog subirà quindi delle variazioni
e sono ancora in cerca di nuovi validi amici che vogliano dedicarsi a tener
vivo questo blog perché più vado avanti più mi rendo conto che la cosa sta
diventando davvero impegnativa e vedremo come andrà a finire. Come avrete
notato(oppure no) nella barra di navigazione è cambiato qualcosa: è comparso
Batman perché dedicherò ulteriore spazio all’uomo pipistrello nel prossimo
periodo ed è apparso “recensioni in pillole”, veloci recensioni che fungono più
da consigli di lettura che veri e propri giudizi sull’opera. In questi giorni
vi aggiornerò.
Intanto il mio PROJECT NOIR prosegue e spero che nelle
prossime settimane possa aggiornarvi, vedremo!
Bombardato dalla pubblicità enorme e dalla quantità assurda
di articoli che riempiono la mia bacheca facebook e la stampa ho deciso di
avventurarmi in questa lettura che solitamente non mi è affine. Ho approfittato
degli sconti Bao del 25% e su un titolo da 21 euro scusate se è poco.
L’opera narra della vita disastrata di David Smith, uno
scultore, che dopo un piccolo momento di gloria foraggiato da un mecenate si
ritrova sull’orlo della bancarotta e di una crisi depressiva. La sua vita
cambierà quando in una tavola calda incontrerà suo zio Harry che gli proporrà
un patto: la capacità di plasmare qualsiasi materiale a mani nude in cambio
della sua vita, o meglio, gli concederà solo 200 giorni per lasciare un’impronta
immortale in questo mondo. Ovviamente lo zio Harry non è altro che la Morte
stessa. La vita di David cambierà incontrando Meg, aspirante attrice. Capirete da
soli che alcune idee non sono sicuramente originali anche se il modo in cui
vengono affrontate e descritte donano all’opera una capacità espressiva e
profondità che solo poche opere grafiche hanno. Scott McCloud nei dialoghi è
enorme, riesce ad essere incisivo ma
consegnandoci un’opera di un romanticismo permeato da un goccio di fatalismo. I
disegni sempre opera di McCloud all’apparenza paiono bidimensionali ma in
realtà semplificano un’opera che man mano si sviluppa diventa sempre più
complessa. Sì perché alcuni topos letterari sono scontati ma lo sviluppo della
trama è totalmente imprevedibile; senza spoilerare nulla, tutti si aspettano
che dopo aver ottenuto i poteri David diventi onnipotente e immediatamente
popolare: scordatevelo. Fa lo scultore, non è un video virale su Youtube. I due
protagonisti sono incredibilmente ben congegnati e la loro formazione comincia
dall’inizio e non termina mai. Un’opera che non dovrebbe mancare a nessuno.
A quasi due anni dalla prima top three ho deciso di
riaggiornare un po’ la mia classifica, in due anni cambiano molte cose e
soprattutto alla mia età quando si comincia ad essere più critici e soprattutto
a maturare in maniera definitiva. Bando alle ciance freudiane e cominciamo con
la classifica!