giovedì 20 agosto 2015

ASSASSIN'S CREED UNITY, sull'orlo del baratro


A Lucca quando l’anno scorso avevo visto per la prima volta Unity ero rimasto positivamente colpito, complice il fatto che non avessi visto nulla a parte qualche minuto di gameplay. La grafica migliorata e una Parigi scala 1:1, in piena rivoluzione, con centinaia di persone in atteggiamenti diversi mi aveva fatto perdere la testa. In realtà queste caratteristiche che mi avevano così colpito di primo impatto si sono rivelate i peggiori errori che Ubisoft poteva commettere. Perché essendo una prima esperienza su console nuova generazione ci si accorge che diventa tutto molto lento, se non estenuante. Mi spiego meglio: la folla va in bug come se niente fosse, gente che comincia a camminare una sopra all’altra, gente che entra nei muri, insomma il sistema grafico non riesce a reggere una generazione casuale continua di persone. La Parigi scala reale è bellissima dal punto di vista estetico ma incredibilmente lunga da caricare. Il primo caricamento è estenuante e quelli dei viaggi rapidi durano veramente troppo, tant’è che in certe occasioni si predilige lo spostamento a piedi rispetto a quello che dovrebbe essere rapido. Il sistema di combattimento e quello di scalata, che sono sempre stati giudicati troppo semplici nei capitoli precedenti, subiscono un upgrade. Non ho scelto a caso il verbo subire, infatti diventa un casino ma non perché troppo difficile o migliore ma diventa un sistema farraginoso e macchinoso, non in grado di star dietro alla dinamicità dei combattimenti che dovrebbero essere molto più veloci e silenziosi data la presenza di armi da fuoco in quantità forse esagerata.


Ma passiamo a ciò che era forse il punto forte della saga di Montreal: la trama. Tranne una piccola parentesi nel terzo capitolo in cui Ubisoft aveva fatto un mezzo passo falso con la storia di Connor, male sfruttata sostanzialmente. In questo capitolo Ubisoft, a mio parere, canna tutto il cannabile. La storia entra nel vivo a sequenza 7 inoltrata(ne ha 12 in totale la missione principale) e i colpi di scena sono sostanzialmente nulli. Tutti telefonati, tutti ovvi e non si capisce dove il gioco voglia andare a parare. Forse il finale si può salvare ma tutto il resto è da buttar via. Il protagonista è insipido, non è un ribelle, non è un perfetto assassino. Non ci sono dilemmi etici, l’impianto nel presente è nullo ed in completo disfacimento. Dalla morte di Desmond era caduto decisamente in basso prediligendo il passato a mani bassi ma in Black Flag avevamo la storia di un uomo, forse troppo individualista per essere realmente credibile nella trama generale ma in grado di sopportare un gioco incentrato sui pirati e soprattutto con una trama credibile, ricca di domande sulla morale, l’etica. Qui siamo in una situazione di stallo continuo, il personaggio non sembra nemmeno accettabile quando parla e non solo per il doppiaggio ma anche per la scontatezza delle cose che dice. L’impianto del presente come detto in precedenza è stato sostanzialmente cancellato: ciò condiziona in maniera ovvia tutto ciò che Ubisoft aveva costruito nei primi capitoli della saga. Un gioco che ormai si avvia ad essere solo un brand e non più un titolo di qualità, rendendo tutto molto fastidioso. E i bug non aiutano.


Guardando il trailer di Syndacate il nuovo capitolo in arrivo in autunno, non ho sentito altro che l’ennesimo tonfo. Non era il salto della fede, erano probabilmente le mie palle.



VOTO 6/10

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