giovedì 4 settembre 2014

GIAPPONE 2014, Tokyo (pt.1)


Durante la stesura dell’articolo mi sono accorto che si andava per le lunghe quindi ho deciso di farlo in più puntate per non annoiarvi e tenervi incollati allo schermo! Enjoy urself!

Eccoci qua, come promesso il resoconto del viaggio nella terra di manga, anime e donnine maggiorate! La terra del sol levante: il Giappone.

Come molti fanno quando vanno in vacanza o in viaggio tendono poi a dire tutto quello che gli è piaciuto o colpito dimenticandosi di tutto ciò che fosse lontanamente negativo oppure, ancora peggio, quegli elementi neppure li vedono, accecati dal fascino che quella terra esercita sopra di loro e questa cosa succede spessissimo per due mete soprattutto: USA e Giappone. Quindi fatta questa premessa vi prometto che cercherò di essere più obiettivo possibile cercando di condensare tutto ciò che vi sia di significativo senza dimenticarmi qualche aneddoto per alleggerire il tutto! Quindi sedetevi, mettetevi comodi e cominciate la lettura!

Per mantenere uno stile abbastanza scorrevole e godibile ho deciso di descrivere il viaggio in ordine più o meno cronologico. Lo faccio per me e per voi, così non rischio di perdere il filo.

Prima tappa: Tokyo, la capitale!
L’impatto con le luci della città è potente, musica di sottofondo ripetuta all’infinito, spot di qualsiasi cosa sugli schermi giganti, la notte sull’incrocio di Shibuya non arriva mai. Non abbiamo perso tempo il primo giorno quando esausti dal viaggio ci siamo fiondati a consumare una scodella di ramen nei dintorni della famosa stazione dove l’akita inu Hachiko aspettava il suo padrone tornare dal lavoro. Diventato il quartiere della moda giovanile è sempre in movimento e l’attraversamento pedonale è davvero uno spettacolo da non perdere. Come del resto, da non perdere è la visione della città dall’alto da un qualsiasi grattacielo che vi offre la possibilità di ammirare questa immensa metropoli che si staglia all’infinito, fino a dove il vostro occhio riesce a guardare, se potete aspettate che le luci si accendano: non ve ne pentirete.

Visitate il quartiere di Akihabara se siete appassionati di elettronica e fumetti, troverete il vostro personale paese dei balocchi; perdetevi tra maid cafè, centri commerciali immensi specializzati in giocattoli, musica, videogiochi ed elettronica varia, perdetevi nei meandri di Mandarake dove troverete dei pezzi di storia inestimabile venduti a volte ad un prezzo ridicolo(è un negozio di usato, vi ricordo) e spendete una follia da Kotobukiya. Date un’occhiata alle sale di Pachinko, sorta di flipper/slot machine, di cui il rumore assordante di metallo vi farà cadere in stato confusionale. Mi raccomando: buttare un qualche migliaio di yen in una game station è d’obbligo, se starete per vincere una folla di ragazzine urlanti vi si accalcherà intorno facendo il tifo per voi, esperienza da provare!

La statua del Gundam sull'isola di Odaiba
Passando a cose più serie, la visita della città non si è basata solo su manga, anime e game station quindi andiamo avanti. La cosa stupefacente delle metropoli giapponesi è che riescono a far collimare il cemento con parchi enormi, non vi stupite se dietro un complesso enorme di grattacieli si cela un parco di 4 chilometri con bambini che giocano e famiglie che fanno un pic-nic. Nella stessa maniera riescono a fondere modernità assoluta con la tradizione per esempio di un tempio, in mezzo a Tokyo non mancano delle zone in cui il ferro, il vetro e il cemento lasciano spazio al calore del legno, sia delle case tradizionali sia dei templi buddisti. In maniera quasi sconvolgente si uniscono per formare un insolito connubio che causa dei sentimenti contrastanti nel cuore di un europeo, o almeno all’interno del mio.

L'acquario fuori dal Sony Building
Ovviamente a Tokyo la tecnologia è in primo piano e una visita al museo della scienza e dell’innovazione tecnologica era d’obbligo anche se alla fine si è rivelata una cosa un po’ più dedicata ai bambini anche se androidi e robottoni mi sono piaciuti un sacco. Per la stessa ragione ci siamo diretti al Sony Building che però ho trovato molto deludente: a parte per l’acquario che si trova al di fuori dell’edificio pieno di pesci variopinti, un enorme pesce napoleone e una murena, e il video in 4k all’ultimo piano sulla salvaguardia delle balene, il resto è un semplice mega showroom dell’azienda dove sì puoi provare gli aggeggi ma niente di più niente di meno.
Per quel che riguarda i musei, sia a Tokyo che nel resto del Paese, fatta eccezione per Hiroshima, sono poco accattivanti e un po’ noiosi. Uno potrà dirmi: “tutti i musei sono noiosi!” e io risponderei “ammazzati” comunque a parte questo diverbio, il museo nazionale di Tokyo prendendo l’esempio più eclatante non ha niente di così affascinante che mi sia impresso nella mente indelebilmente anche se consigliatissimo dalla guida.

Tornando ad essere nerd siamo andati a spaccarci al centro Pokemon che, a parte per il bellissimo adesivo in regalo all’entrata, è una delusione pazzesca! La scarsità degli oggetti in vendita è allucinante ma soprattutto l’assenza di un qualsivoglia tipo di maglietta decente! Ma sta roba ai ciappi ciappi(così ho cominciato a chiamare i Giapponesi) bisogna dirla. Ma la cosa non si limita ai Pokemon ma alla maggior parte delle cose, il merchandise magliette/vestiti in Giappone è veramente minimo, quasi inesistente. 10 punti in meno per Grifondoro.
I ciappi hanno inoltre un’altra passione: quella delle palline, mi spiego: le macchinette che ti danno la pallina con dentro un portachiavi o un pupazzetto(spero abbiate capito). Ecco loro le hanno di qualsiasi tipo e genere, dai Pokemon alle donnine, da Dragonball ai classici neko. Una roba pazzesca.
Uno dei grandi rimpianti di questo viaggio va all’impossibilità di visitare il museo Ghibli, prenotando due settimane prima non siamo riusciti a trovare posto. Mannaggia ai ciappi ciappi!!!!!

Tutte queste luci, questa grandezze siano un po’ per compensare una insicurezza di fondo e senso di inferiorità che i Giapponesi hanno nei confronti delle popolazioni occidentali. Complesso che deriva dal fatto forse che vivono su un’isola e da fatti prettamente fisici, i loro occhi sono la parte che odiano di più, la dimostrazione sta anche nella maggior parte delle loro opere in cui disegnano i personaggi con occhi addirittura troppo grandi. In più essendo un popolo con una tradizione e con un passato profondo e radicato è inconcepibile tutto questo senso di inferiorità. È proprio così, sembrano un popolo chiuso e tradizionalista ma in realtà sono filo americani a livelli inimmaginabili e hanno raggiunto livelli di capitalismo e conformismo degni degli USA. In mezzo a questo enormità di persone però riescono più spesso ad elevarsi personaggi di statura elevatissima che, non abbandonando la propria cultura, riescono a produrre grandi opere che sono e rimarranno tesoro dell’umanità.

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