mercoledì 1 aprile 2015

L'ULTIMO LUPO, ultima fatica di Annaud


L’ultimo lupo è l’ultima opera del regista francese Annaud, autore di film del calibro di “la guerra del fuoco”, “il nome della rosa” e “sette anni in Tibet”. È stato da sempre un regista che ha ricevuto numerosi elogi come numerose critiche. Si avventura questa volta nella trasposizione filmica del secondo bestseller cinese dopo il libretto rosso di Mao: “il totem del Lupo”. Libro autobiografico di uno studente cinese che durante la rivoluzione si reca, sotto indicazione del governo centrale, in Mongolia, allora appena conquistata dalla Cina comunista,  al fine di alfabetizzare le popolazioni indigene. Si troverà però nella situazione di dover imparare lui dagli abitanti del luogo: infatti il saggio capo insegnerà lui più di quanto abbia imparato nelle scuole. Tradizioni e storia sono indubbiamente il punto cardine del film. Si capisce come l’approfondita conoscenza dei costumi e degli usi cambi radicalmente il fascino che esercita sullo spettatore; e qui è proprio così. La spiritualità è parte fondante della tradizione mongola e orientale in generale e ciò si sente in questo film e se ne apprezzano molto questi lati. La descrizione del dio lupo è fondamentale per capire a fondo la trama del film. Il lupo è infatti descritto come un animale mitica, discendenza stessa degli dei, animale feroce, intelligente ma soprattutto vendicativo proprio come gli antichi dei, o molto più facilmente come il Dio cristiano del vecchio testamento. Questa faccenda della mitizzazione del lupo è però anche quella che mi ha fatto storcere però la bocca in questo film: si esagera infatti ad un certo punto a lodare le capacità dell’animale e come sempre succede con le esagerazioni, tutto ciò che si è costruito stride. Purtroppo è anche la giustificazione che mi porta ad abbassare di un punto buono la valutazione del film. Infatti ad un certo punto è quasi incredibile di come il lupo diventi intelligente anche se poi viene immediatamente contraddetto dalla scena successiva destabilizzando chi guarda ma soprattutto la trama intera. Ed è l’unico vero problema del film perché per il resto è del tutto impeccabile, essendo un film quasi storico, ed essendo quel comparto perfetto, si coglie invece il problema nella trasposizione mitica del lupo troppo accentuata. Il film rimane comunque molto gradevole e incredibilmente istruttivo per quel che riguarda la cultura mongola. Il vecchio saggio impartirà vere e proprie lezioni di vita al giovane studente di Pechino, che si troverà a realizzare la stupidità con cui l’uomo del futuro, l’uomo industriale e progressista, cancelli e distrugga il proprio passato, le proprie tradizioni ma soprattutto le proprie conoscenze. Esempio banale è quello riguardante l’ambiente: il vecchio saggio si raccomanda più e più volte di lasciare vivi un numero di lupi sufficienti ad uccidere gli animali erbivori che altrimenti distruggerebbero tutto il pascolo causando la perdita della fertilità della steppa; non venendo ascoltato tutta una generazione di lupi viene cancellata permettendo la proliferazione degli animali che porteranno gli stessi uomini a soffrire la fame e degli insetti. Un duro insegnamento che abbiamo re-imparato in anni di ambientalismo: il ciclo naturale non si tocca. Banale ma sempre efficacie.


Consiglio quindi la visione del film? Certo, non aspettatevi il capolavoro del secolo ma stiamo comunque parlando di un buonissimo film che vale assolutissimamente la pena di guardare.  

VOTO 7,5/10

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