sabato 20 luglio 2019

Cinema Indie - INTRODUZIONE E CAPITOLO 1 - SOLDI


(Nuova rubrica ogni sabato!!!)

Ho cominciato a fare “cinema” 3 anni fa ormai. Prima da sceneggiatore e produttore(zero o low budget), poi da due anni ho curato anche la regia dei miei lavori.
Dopo tre anni credo di poter fare un resoconto, basato sulla mia esperienza, di ciò che è il cinema indie in Italia e in particolare a Milano. Un resoconto che è per lo più negativo purtroppo.
Dividerò in capitoli questa mia esperienza cercando di andare a toccare ogni argomento caldo dell’ambiente.
Sono considerazioni scritte di getto, non badate troppo alla forma, è un flusso di coscienza.



CAPITOLO 1 - SOLDI
Partiamo dall’argomento più spinoso in particolare per quelli che, secondo il mio modesto parere, il cinema indipendente non hanno capito manco cosa significhi qua da noi.
Per chi non lo sapesse indipendente significa che i produttori non sono major cinematografiche(es. Mediaset e Rai) e non prendono soldi dallo stato. Non è che tanti non lo vorrebbero ma semplicemente non possono, per esempio per ragioni fiscali o semplicemente non ce l’hanno fatta a far accettare il progetto(complesso se non si ha una serie di conoscenze). I soldi quindi da dove vengono? Da investitori privati o dalle tasche dello stesso regista, attore ecc.
Considerando che in Italia la quantità di investitori privati è veramente bassa la maggior parte delle opere vengono autoprodotte con rinunce nel coinvolgere figure accessorie nella composizione della troupe o nella riduzione all’osso del cast attoriale. Esempio classico nel settore fotografia, molte volte il direttore della fotografia si ritrova a fare sia l’operatore che il macchinista. Questo è un problema del tutto italiano perché altrove il cinema indie è molto più sviluppato e riconosciuto parte integrante dell’industria cinematografica.
Da qui si può analizzare la questione retributiva. Chi paga chi? Quanto? Ha davvero senso chiedere una retribuzione? Ha davvero senso boicottare i progetti di chi non ha budget per il “bene” del lavoro?
In teoria il produttore dovrebbe pagare tutti. In pratica quasi automaticamente i tecnici e le maestranze non prendono una lira. Solitamente perché sono loro stessi la casa di produzione(anche se non ne hanno la costituzione fiscale spesso) e quindi investono sul progetto, che gli potrebbe portare visibilità e reputazione(importantissima per il lavoro video anche non artistico ma puramente commerciale). Molte volte non si ha la possibilità di sperimentare nei progetti commerciali e quindi si preferisce crescere professionalmente su progetti come questi. Gli attori tendenzialmente sono quelli che non ne vogliono sapere del gratisssse, perché il loro è un lavoro e va pagato. Salvo poi andare in tv per 30 euro lordi e 15 ore di riprese ospiti da Barbara D’Urso. Il dramma è che le richieste economiche verso gli indie sono astronomiche rispetto al curriculum, alle capacità ma soprattutto alla paga che solitamente ricevono dalla Barbarona nazionale.
Se un attore chiede la stessa cifra che ha preso per fare uno spot della Barilla in un solo giorno semplicemente non è in grado di distinguere il peso delle produzioni. Un lavoro più lungo necessariamente ti verrà pagato meno rispetto ad un lavoro di un solo giorno, ovviamente in proporzione al giorno. Poi se il cliente è un ragazzo sotto i 30 anni sicuramente non avrà il potere economico che ha una multinazionale. Ma è un concetto che sfugge.
Cosa facciamo io e gli altri miei collaboratori? Semplicemente non paghiamo nessuno. Se non ti va per noi non c’è problema, ognuno è libero di agire come crede. E comunque se avessimo i soldi non prenderemmo quasi sicuramente le persone che alla fine prendiamo, è un ragionamento abbastanza cinico ma è così, perché è un ragionamento di profitto. Questo è quello che non capisce l’attore medio italiano, che dietro di lui ne sono pronti altri 100 e se non accetta lui qualcun altro accetterà.
La mia filosofia è che è inutile boicottare progetti, non partecipare, segnalare su fb o simili persone che vogliono creare qualcosa che per loro è bello. L’importante è essere onesti con se stessi e non spacciarsi per qualcosa che non si è, soprattutto a livello lavorativo e professionale. Soprattutto persone che sostanzialmente non hanno esperienza e grande talento, non che io ne abbia questo è fuori discussione. Quello che manca è la determinazione e la voglia di sperimentare e sporcarsi le mani. C’è solo la brama di essere famosi, di avere qualche migliaio di like su Instagram, ma sopra ogni cosa di avere tutto, subito e senza sacrificio.

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