martedì 17 febbraio 2015

BIRDMAN, o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza


Ieri ho visto finalmente l’ultima pellicola di Inarritu. Candidato a 9 premi oscar Birdman si preannunciava già un film anomalo ma il regista ispanico non ha mai girato film di facile lettura né a livello di significato né a livello di tecnica, dal montaggio alla fotografia. Anche in Birdman non si smentisce, il film è girato tutto in piano sequenza, ovvero come se non ci fossero tagli o cambi di telecamere a parte per due scelte registiche. Perché? Perché questo è un film che basa tutta la sua trama sull’ego di Riggan Thompson, interpretato da Keaton, attore al tramonto della sua carriera che dopo l’ennesimo film fumettone viene dimenticato dal pubblico e si rifugia nel teatro investendo tutti i suoi ultimi risparmi nello spettacolo che decreterà la sua definitiva fine o la sua rinascita. La trama non riserva grandi sorprese ma è un film dove l’attenzione ai dettagli, che in questo caso sono i fitti dialoghi, paga. Mi aspettavo molta più follia, esagerazione, in realtà non abbiamo a che fare con un pazzo come si poteva evincere dal trailer, ma con un uomo a pezzi. La differenza è abissale. Le allucinazioni sono frutto della depressione, del nervosismo, nella consapevolezza della propria decadenza.


Il film risulta una perfetta commistione tra Amores Perros e Babel, i due film precedenti di Inarritu. Un perfetto mix tra crudezza di linguaggio e finezza registica. Ma il lessico crudo, che non vuol dire volgare, non cade mai nella scontatezza e le battute sono imprevedibili anche se lo spettatore attento sa già dove il film vuole andare a parare. Ma solo nella trama! Perché la sceneggiatura in realtà non risparmia nessuno. Tutti quelli che credono di aver compreso che la critica del film si muove in  un certo senso si sbagliano; e alla grande! Nella sceneggiatura sono presenti tutti i cliché di Hollywood, del cinema ma anche del teatro. Insomma gli sceneggiatori non risparmiano nessuno. Dallo stesso protagonista che stenta ad abbandonare la sua carriera, nonostante i soldi, perché l’attore ricerca la gloria e la fama eterna. Molti quando parlano di attori suicidi o in preda ad una qualsiasi forma di dipendenza si interrogano sul perché uno con tanti soldi possa rovinarsi la vita in quel modo; in realtà i soldi in una vita del genere sono più che secondari, un attore soprattutto di Hollywood ricerca la fama continua, essere una celebrità eterna, tende a voler diventare più che un uomo: una leggenda. E quale tipologia di attore poteva incarnare meglio quest’aspetto? Un attore che ha interpretato un supereroe, ovvero una leggenda contemporanea. Poi c’è l’attore, interpretato da Norton, che vuole a tutti i costi ottenere la massima realtà dalla sua interpretazione, ubriacandosi in scena, acquisendo le caratteristiche del personaggio che deve interpretare, arrivare ad avere una vera erezione in scena durante un finto atto sessuale ma che non riesce a vivere la sua vita reale. “Posso essere realmente chiunque sul palco, ma non sono capace di interpretare me stesso al di fuori di esso” parafrasando una battuta del film.


Oltre agli attori poi ci sono tutti i personaggi che vivono di spettacolo non facendolo attivamente, la critica teatrale del New York Times ne è un esempio. La tipica stronza che ha già deciso di distruggere uno spettacolo ancora prima di vederlo perché convinta che una star di Hollywood non sia in grado di recitare a teatro perché è solo una celebrità che non è la stessa cosa di essere attore. In parte ha ragione, in parte no, come sempre generalizzare è frutto di bieca ignoranza. Ma non vi voglio anticipare nulla della scena in questione perché è dannatamente bella.
Ultimo c’è Galifianakis che fa l’avvocato/agente/produttore del protagonista. Il tipico agente di Hollywood che vuole sfruttare fino al midollo il proprio prodotto umano, si definisce migliore amico ma lo è solo nei momenti in cui viene messo a repentaglio un possibile guadagno. In questo film non fa la tipica parte dell’idiota squilibrato che il cinema gli ha assegnato dopo Hangover e vi dico una cosa: è cazzo bravo.

Emma Stone è la figlia tossica del protagonista
Ma oltre ai soggetti hollywoodiani il film prende di mira il cinema americano in generale, affossato in un continuum di film spazzatura basati interamente sull’azione e le sparatorie. Cinema in grado di intercettare il disinteresse e l’abbassamento culturale generale ma incapace di assurgere a ruolo educativo e didattico. Un cinema totalmente basato sull’intrattenimento nudo e crudo che basa la sua esistenza sul nulla assoluto. Dimostrazione la programmazione cinematografica Marvel e Dc comics  dei prossimi anni basata sull’intrattenimento di tipo basic. L’unico tentativo di incarnare un fumetto contemporaneo è stato quello di Nolan ma è morto con la fine della trilogia. Si è tornati a pensare il cinefumetto come un prodotto capace di inglobare la maggior parte di pubblico possibile. Botte a non finire e stop.

MICHEAL KEATON: un paragrafetto a parte se lo merita il vecchio Micheal. Distrutto nel ruolo di Bruce Wayne dal sottoscritto in questo film credo invece sia perfetto. Interpreta quasi se stesso, con qualche piccolo accorgimento certo, ma in fondo tutti hanno visto Batman dietro Birdman. Keaton, che oltre a qualche filmetto leggero poco ha fatto,  dimostra in questo film tutta la sua bravura con la nomination agli oscar meritatissima. Come prima ho detto il ruolo dell’uomo a pezzi gli riesce benissimo. E punto.


VOTO 9,5/10


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.