mercoledì 11 giugno 2014

JOKER di AZZARELLO e BERMEJO


Anche se sapevo che questa fosse un’opera da leggere le mie esigue finanze mi hanno sempre frenato e non sono mai riuscito ad acquistarla fino a qualche giorno fa quando mi sono fatto coraggio e l’ho portata alla cassa della mia fumetteria di fiducia. 

Il volume cartonato si presenta ben fatto con alla conclusione una breve biografia degli autori che non fa mai male, giusto per inquadrare chi sono e quali sono stati i loro lavori precedenti e farsi quindi un’idea di cosa ci si deve aspettare dal volume che si ha in mano. In questo caso gli autori provengono da Vertigo e da case editrici underground e quindi il livello sarà sicuramente alto.

Mi immergo nella lettura.

Il disegno colpisce per la sua iper realisticità, ben fatto e i colori sono come in un dipinto, anche se a volte cambiano completamente e virano sul digitalizzato esagerato che a me non convince mai. In quest’opera poi dove il pathos e un certo romanticismo malato regnano sovrani il colore freddo del computer non riesce a dare l’idea e a trasmettere le emozioni che dà invece la colorazione strascicata molto simile a quella appunto del pennello del pittore. Ci troviamo sicuramente davanti ad una graphic novel, supereroistica ma pur sempre una graphic novel. Il punto di vista è quello di uno scagnozzo di Joker che standogli simpatico scala le gerarchie della mala. Un uomo che vuole essere qualcuno, ma vuole essere qualcuno di sbagliato e prima o poi ne pagherà le conseguenze e lui ne è consapevole. 
La trama è semplice, Joker viene rilasciato da Arkham dopo aver convinto i medici della sua guarigione e ritorna in città per riconquistarla. Mentre era via i suoi sottoposti si sono spartiti la torta ed ora lui la rivuole tutta per sé. La vicenda si svolge come in un vero e proprio film noir in cui i personaggi si incontrano sempre in luoghi malavitosi e oscuri: lo strip club dove Joker si riunisce con Harley Quinn, la cella frigorifera dove abita Killer Croc e le bettole dove il pagliaccio ripesca i suoi ex compagni che l’hanno tradito. 

Joker è ritratto come un vero e proprio psicopatico, sullo stampo di Ledger nel famoso film, anzi peggio. In quest’opera il principe del crimine riesce a passare da momenti di estrema lucidità a momenti di follia estrema. Un attimo prima progetta nei minimi dettagli un piano per riconquistare la città, dopo uccide un commesso di un supermarket innocente e infine passa ad essere talmente paranoico da pensare di essere osservato in ogni momento da Batman. Il rapporto con Harley è sempre controverso, gli è indifferente, poi invece è quasi indispensabile la sua presenza per supportarlo moralmente. L’arlecchina, raffigurata come una prostituta nelle grazie del capo, non pronuncia quasi mai una parola, non è la solita parla parla del fumetto classico. Anche il disegno tende a ritrarla scavata in volto e a volte sembra in preda alle droghe e talvolta sembra proprio in una fase di astinenza.


Batman appare solo alla fine per fermare Joker, ma dopo aver concesso al pagliaccio il tempo di mettere a ferro e fuoco la città. Il ritratto quindi di un eroe inerme di fronte alla genialità follia del criminale più famoso di Gotham? Non credo, anzi. Credo invece sia la morale dell’opera, un po’ determinista forse e priva di speranza: ci sono troppe malattie nelle nostre città, tra noi uomini, troppa malvagità e purtroppo non ci sono cure, c’è solo un Batman. Come per dire che per quanto ci sforzassimo ci sarà sempre qualcuno che farà del male ad altre persone; e ci saranno sempre troppe poche persone invece a proteggere quelle più deboli; i rimanenti si troveranno in mezzo, inermi o indifferenti allo stupro della società.

“C’è solo un Batman”


VOTO 9/10 avrebbe preso 10 se ci fossero state le stesse colorazioni ovunque


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